Esiodo scrisse “La Teogonia”, partendo da una controversia economica che aveva avuto con suo fratello. Proust tocca ed evoca sentimenti universali di nostalgia e di appartenenza a se stessi, solo riassaggiando una madeleine. Per arrivare lontano, per protenderci verso l’incognito e far respirare la nostra immaginazione, si parte da qualcosa di piccolo, di nostro, di conosciuto. Così funziona la creatività: partire da ciò che già si conosce. Su quello, complice la tecnica e il talento, si costruisce quello che ancora non c’è e che, se fatto con cura, riguarderà tutti.
Se un personaggio entra in scena è perché mosso da una mancanza, dal bisogno di qualcosa. La sua vita sarà costellata di sforzi tanto disperati quanto creativi per cercare di soddisfare il suo bisogno. E cosa sono i film o gli spettacoli teatrali o le storie se non distillati di vita? Anche l’attore è quindi chiamato ad esplorare le proprie mancanze e i propri desideri attraverso il personaggio, scoprire il tratto di strada che inevitabilmente li unisce e mettere il proprio vissuto a servizio della battaglia di quest’ultimo. Attore e personaggio si abbracciano in un volo spericolato e imprevedibile verso la vetta: cercare di raggiungere questo obiettivo comune.
Da sempre gli attori sono vittime di ansia da prestazione, si sentono inadeguati, troppo piccoli per riempire la scena o essere credibili sul set. La tecnica Chubbuck ci insegna a utilizzare le nostre fragilità e i nostri fantasmi nella scena stessa, mettendoli a servizio dell’obiettivo che il personaggio ha bisogno di raggiungere. Il senso di inadeguatezza, la paura che qualcosa di tremendo ci accada, il bisogno di riscatto, non saranno più ospiti sgraditi da nascondere nel cuore dell’attore, ma l’onda da cavalcare, la forza da mettere in gioco per conquistare il tesoro. La storia da narrare diventa il luogo della resa dei conti. E se l’attore in scena vive un processo di risoluzione, se l’attore lascia davvero che qualcosa di personale gli accada, il pubblico e il mondo intero si batteranno con lui e cambieranno con lui.
Il lavoro emotivo e di messa in gioco personale deve poggiare su una base solida e concreta. Ivana Chubbuck struttura un’analisi del testo scientifica e con regole specifiche, per evidenziare le forze reali che muovono i personaggi e per illuminare strade concretamente percorribili per gli attori. L’analisi delle scene e dei materiali non solo è sempre fondata e coerente, (e riporta gli attori alla concretezza degli obiettivi) ma è impostata in modo costruttivo, con l’intento cioè di creare un arco narrativo volto sempre alla conquista di qualcosa.
Il personaggio non uscirà mai sconfitto: Otello nell’uccidersi, Blanche Du Bois nel venire portata in manicomio, Laura nello stare in compagnia del suo zoo di vetro…tutti andranno incontro al loro destino con qualcosa in più di quando sono partiti, anche quando non lo sanno.
Il viaggio è imprevedibile, ma si torna sempre a casa con un tesoro.